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L'OPERA DI CAROSELLI AVEVA UNA PATERNITÀ

Tutto si sapeva del capolavoro
“scoperto” da Sgarbi a Cefalù

Per anni il museo Mandralisca di Cefalù ha custodito il capolavoro di un anonimo, forse olandese. Arriva Vittorio Sgarbi e risolve l’arcano: quel quadro è da attribuire a Angelo Caroselli, un autore caravaggesco vissuto a Roma tra il 1585 e il 1652. Quando si dice l’occhio esercitato e la competenza del critico. Ma lo scoop non è uno scoop. Già da quasi un anno il curatore delle collezioni del Mandralisca, Vincenzo Abbate, aveva attribuito a Caroselli la paternità di quel dipinto, grazie anche alla tenace opera di ricerca di Sandro Varzi, l’uomo che conosce tutto il patrimonio artistico e culturale del Mandralisca.
Sgarbi non ha sbagliato ma è arrivato dopo. Abbate è uomo di poche parole e di grande rigore. “Non è una novità” si limita a dire. E conferma: “Da tempo le nostre ricerche avevano individuato le tracce che conducono a Caroselli. Ma non ci siamo accontentati dell’osservazione. Sono state fatte le dovute verifiche perché in questa materia bisogna ponderare tutto con grande attenzione”.
Si tratta comunque di un capolavoro? Anche qui l’entusiasmo di Sgarbi è attenuato dal valore reale dell’autore. Non solo perché di lui Abbate dice che è un artista “come tanti altri” ma anche per le quotazioni delle sue opere: oscillano tra 11 e 17 mila euro quelle battute dalle principali case d'asta.
L’opera “scoperta” da Sgarbi è intitolata “Vanitas”. E per il critico, che qualcuno a Cefalù spinge perché si candidi come sindaco, si tratta di una “riscoperta”. Lo racconta lui stesso sul Giornale: “Ero stato alla Fondazione Mandralisca la prima volta, 40 anni fa, e poi in altre due occasioni più recenti. Ma la forza di attrazione del noto Ignoto di Antonello da Messina, la fretta o la minor disponibilità a guardare gli altri dipinti non mi avevano fatto osservare con la dovuta attenzione un’altra memorabile tavoletta, poco più grande del dipinto di Antonello. Si tratta di un olio su tavola di 29 x 39 centimetri (il capolavoro di Antonello è 31 x 24,5 cm) ed è registrato nel cartellino e in una riproduzione provvidenzialmente tradotta in cartolina come ‘Anonimo pittore olandese della prima metà del XVII sec., Melanconia’. La datazione è approssimativamente azzeccata, il resto è sbagliato. Si tratta infatti di un’opera inequivocabile di Angelo Caroselli (anche nella variante, interna al suo corpus, dello pseudo Caroselli), e il soggetto è, in tutta evidenza, una Vanitas. La donna, con un copricapo di velluto rosso, con una borchia d’oro, inclina lo sguardo (questo sì, malinconico) su un teschio che svela (la mano sinistra solleva il velo), sul quale poggia un libro aperto con la scritta: ‘Quam amara memoria tua’. La mano destra indica il libro. Indiscutibile riflessione sulla morte, vanitas o memento mori; ma anche, possibilmente, richiamo a una persona amata: il padre o il marito (nel quale si adombra il proprio inevitabile destino)”.
C’è poi la lettura critica dell’opera: “Da ogni punto di vista, rispetto all’irridente Ignoto di Antonello, l'espressione della donna manifesta un sentimento opposto. Di riflessione e di nostalgia, e non di arguzia, malizia, ironia. Il pensiero della morte non attraversa la mente del personaggio di Antonello. Tutto alla morte allude, compresa l’ombra caravaggesca che le taglia il volto, nella Vanitas del Caroselli”.
“L’opera – scrive ancora Sgarbi – è in ottime condizioni di conservazione ed ha una qualità distinta perfino in dettagli come l’orlo ricamato dell’abito della donna o nella morbidezza delle pieghe del cappello. Il riferimento più evidente al pittore è in dipinti come l’Episodio di stregoneria della Collezione Canesso, con particolari identici, o nella Scena notturna con giocatori, e insomma nella produzione di genere di ispirazione caravaggesca legata al mondo di bari, zingari, maghi, giocatori, prediletto dal Caroselli. Il dipinto della Fondazione Mandralisca - spiega ancora Sgarbi - ha un potente chiaroscuro, che accentua i volumi, e una straordinaria sintesi compositiva nel movimento delle mani, come in un inconsapevole omaggio ad Antonello che con le mani tentò la profondità dello spazio nell'Annunciata di Palermo o nel Redentore di Londra. Non stupisce che anche per questi requisiti la singolare Vanitas abbia incontrato il gusto del Barone di Mandralisca Enrico Pirajno. È venuto il tempo di riaffiancarla al dipinto di Antonello, come forse, viste le dimensioni, fu nel suo Gabinetto di Storia Naturale e Belle Arti”.
Questo è ciò che Sgarbi ha visto e apprezzato. Quello che non conosce però è il minuzioso lavoro di ricerca già svolto da Abbate con la collaborazione di Varzi e l’attribuzione dell’opera a Caroselli. I risultati coincidono ma lo scoop non è uno scoop. A ciascuno il suo.
10.01.2012
Franco Nicastro

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