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QUATTRO ANI FA LA SCOMPARSA DELL'INTELLETTUALE

Ritratto di Angela Diana, donna dallo sguardo lungo

Sono trascorsi quattro anni dalla prematura scomparsa della straordinaria figura di Angela Diana Di Francesca. Sabato 28 aprile 2018, presso il cinema di famiglia, ne è stata ricordata l’operosità e il positivo dinamismo culturale e sociale. Hanno preso la parola il marito Giovanni Cristina, la figlia Marzia, il sindaco Rosario Lapunzina, l’autore di questa nota e altri. L'uomo muore ma quello che interessa è che abbia sparso dei semi sulla terra pronti a germogliare, fruttificare e diffondere modi e pensieri che valorizzino la sua dignità. Tutte le opere di Angela Diana Di Francesca vivono in armonia col nostro divenire e sono testimonianza del suo sguardo lucido e generoso posato sulla nostra società in continua, e tante volte conflittuale, evoluzione. Ho avuto il privilegio di conoscere meglio Angela intorno al 1970, in quanto colleghi alla scuola media annessa all'allora Istituto statale d'arte (allogata nei locali della famiglia Martino sopra il lavatoio medievale), ma da tempo la seguivo nelle sue lotte per l'emancipazione delle donne e per dare ad esse la giusta valorizzazione in ogni campo operativo. Ricordo, nei periodi elettorali, il suo impegno e fervore politico e i suoi incontri con gli elettori che si svolgevano, forse per la prima volta, nei vari quartieri della città e non in piazza Duomo come abitualmente facevano gli altri. Il voto doveva rappresentare per tutti un momento di riflessione, di convinzione personale libero da compromessi con i candidati o i partiti. La freschezza del suo sentimento, l'efficacia della sua parola, il suo sereno modo di operare, coinvolgevano chi le stava accanto. I suoi interessi spaziavano dalla prosa alla poesia, dalla moda alla fotografia, dal teatro al cinema, dalla politica alla pittura. La sua presenza alle mostre era molto gradita e ricordo ancora le sue conversazioni serali con molti artisti, che quasi annualmente esponevano le loro opere in via Mandralisca nelle colletive organizzate dal Comune e dalla Fondazione. Ad alcuni di essi ha dedicato poesie e recensioni. Io le sono molto grato per avermi dedicato, pochi mesi prima di lasciarci, un suo scritto in occasione dei miei 50 anni di pittura. Angela ha saputo leggere il mio percorso artistico, soffermandosi su alcune opere e periodi più rappresentativi del mio itinerario pittorico, con molto acume e sensibilità. Il dipinto che qui viene pubblicato, da me eseguito nel 2014 in suo ricordo, è un modestissimo omaggio all'amica tanto apprezzata e alla sua intelligente e versatile personalità. Ho voluto rappresentare il pensiero, la cultura, la tristezza, la speranza. La figura centrale è una donna con capelli svolazzanti, coperta in parte da un drappo variopinto, che per la sua posa rappresenta stabilità e dinamismo mentre il suo volto è pervaso da un velo di malinconia. Trasversalmente in alto, un braccio della croce con una mano inchiodata ci richiama al supplizio, al quale l'uomo per la sua fragilità e per la sua natura è chiamato. Purtroppo anche la nostra Angela ha dovuto subire la sofferenza fisica nell'ultimo periodo della sua esistenza. Su un tavolo, dal basso, vi si trova uno dei tanti libri da lei scritti dal titolo "La rosa e il labirinto" (pubblicato nel 1991) che, come ha scritto Rosalba Gallà, "è un libro che parla della vita, un libro che raccoglie storie, storie accomunate dal doloroso intreccio di vuoto presente e memorie soffocate, di attuale estraneità e di identità trascorse...". Un martello indica la sua forza operosa, la fermezza e il vigore, simbolo costruttivo delle sue azioni e quindi della sua attività. Le forbici sono il simbolo dell'attrezzo che taglia per creare un ordine nuovo alle cose, che separa la vita dalla morte, un momento da un altro. Recidono i collegamenti non utili alla propria formazione e crescita. Tagliano un cattivo ricordo o un inutile rapporto. I chiodi raffigurano il fato, la necessità, l'intrappolamento e insieme il positivo e il negativo. Il coltello rappresenta oltre all'audacia, con la quale Angela ha affrontato i momenti difficili della sua esistenza, anche sacrificio e interiorità. Taglia i legami legati al materialismo e può essere usato per il bene o per il male. La ciotola col drappo fa parte dell'attaccamento alla vita, all'offerta, all'austerità. Le bottiglie sono servite a versare nella ciotola quella bevanda benefica e necessaria per la sopravvivenza o inzuppare la stoffa con l'unguento in esse contenuto, che servirà a lenire qualche ferita. Possono contenere un messaggio atto a tracciare un percorso e far germogliare nuove idee. Il tessuto rappresenta anche lo stato sociale di chi lo indossa e può essere associato agli avvenimenti più vari, sia mondani che rituali. I simboli suddescritti, alcuni di ispirazione guttusiana, danno solo in parte una visione della personalità di Angela, sempre presente nei miei ricordi e in quelli di tantissimi amici che l'hanno conosciuta e stimata. Angela, per i momenti e i percorsi di grande partecipazione sociale (numerosi e prestigiosi sono stati i riconoscimenti in più occasioni ottenuti) e per l'esperienza di vita concreta a servizio degli altri, ha avuto il gusto del rischio e dell'avventura riuscendo a liberarsi dall'idea borghese dell'immobilismo, lasciandoci eredi di un notevole patrimonio culturale che con le mie pennellate ho voluto sinteticamente tracciare.
29.04.2018
Giuseppe Forte