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Cartosio si insedia a Termini: “No a infamie su indagati”

Ambrogio Cartosio si è insediato come capo della Procura della Repubblica di Termini Imerese al posto di Alfredo Morvillo che lo ha rimpiazzato alla Procura di Trapani. Cartosio ha subito lanciato un monito: continenza nei rapporti con la stampa, no a carriere costruite su infamia degli indagati. Ma prima ha ricordato due “grandi maestri”: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sono stati per lui punti di riferimento fondamentali. E continuano ancora a esserlo nel metodo di indagine e nella gestione delle inchieste perché, ha detto, “hanno cambiato la lotta alla mafia”. “Torno alle mie origini siciliane”, ha sottolineato Cartosio quando ha ricordato che, proveniente da Torino, arrivò nel 1987 a Termini come unico sostituto. Poi è passato alla Dea di Palermo, qui a Trapani. Torna qui, ha detto, “con il progetto di aprire la Procura, ma anche l’intera magistratura, al rapporto con l società civile”. Considera importante il rapporto con “le scuole dove si fa il lavoro che produce frutti nel tempo quanto a cultura della legalità”. Curerà i rapporti con tutte le istituzioni e soprattutto con la polizia giudiziaria per un “confronto aperto pur nel rispetto delle esigenze reciproche”. E infine il rapporto con gli avvocati ai quali ha riconosciuto una parte fondamentale: scuotere il pm nelle sue certezze, introdurre nel processo e nelle inchieste elementi critici che servono a definire in modo più appropriato la posizione degli indagati, “i quali non sono colpevoli fino a quando non ci sarà una sentenza”. Questa sottolineatura è servita a definire il rapporto “difficile con gli organi di informazione". La sua convinzione è che questo rapporto debba essere improntato a due principi fondamentali: l’opinione pubblica ha diritto a essere informata ma questo diritto deve essere contemperato con il massimo rispetto per le persone coinvolte nelle operazioni. Quindi l’esigenza della massima continenza e per i suoi colleghi un monito: “Non seguire le lusinghe delle apparizioni sugli organi di stampa e in televisione”. Bisogna infatti neutralizzare il rischio che “possano esserci carriere brillanti o costruite sull’infamia gettata addosso a soggetti che poi magari non risultano responsabili dei reati per i quali vengono indagate”. Per questo “saranno date solo informazioni necessarie sulle indagini e sui processi” e non sarà ammesso che “la dignità delle persone venga danneggiata”. Cartosio considera una "malattia sociale" discutere in tv dei processi e delle persone indagate.
10.08.2017