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Guerra dell’acqua, due sentenze non chiudono il caso Cefalù

Non finisce il lungo braccio di ferro tra l’Amap che vorrebbe dismettere la gestione del servizio idrico a Cefalù perché troppo oneroso e il Comune che si oppone. Due ordinanze del sindaco Rosario Lapunzina “contingenti e urgenti” del giugno 2016 avevano imposto all’azienda di tenere i rubinetti aperti ma ora il Tar ha dato ragione all’Amap con una sentenza depositata in questi giorni. In realtà, fa osservare il sindaco, il Tar si è espresso in forza di una norma che sarebbe stata superata poi da una sentenza della Corte costituzionale. E quindi le cose restano come eprima. Sarebbero appunto le date, e la successione delle pronunce giudiziarie, a tenere dunque aperto il caso. La decisione del Tar è del 20 aprile mentre la Corte Costituzionale ha depositato il 4 maggio 2017 la sua sentenza (la numero 93) con la quale sancisce la illegittimità costituzionale di ampi stralci della legge regionale 19 del 2015. La sentenza nega ai singoli comuni la possibilità di gestire in proprio il servizio oppure di procedere a un suo autonomo affidamento. E questo perché è stata affermata, anche in Sicilia, l’obbligatorietà della gestione da parte di un unico soggetto, in tutto l’ambito territoriale, che coincide con l’intera provincia. In altri termini, stando a quanto statuito dalla Corte Costituzionale, se a gestire il servizio idrico in provincia di Palermo è stata chiamata l’Amap, essa dovrà farlo in tutti i comuni, compreso quello di Cefalù. E ciò, insiste il sindaco Lapunzina, “a prescindere dalla emanazione di ordinanze sindacali o dalla adozione di delibere consiliari, considerato che l’unico soggetto titolato a procedere all’affidamento è l’assemblea territoriale idrica, presieduta dal sindaco di Palermo”.
15.06.2017