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Nico Marino
PROFILO ANTIRETORICO TRA PUBBLICO E PRIVATO

“Questo era mio padre” Gabriele ricorda Nico Marino

“Mi ha insegnato a essere me stesso”
Oggi fa un anno esatto che Nico se ne è andato. La redazione de "laVoce" mi ha carinamente chiesto di scrivere qualcosa e confesso di avere accettato soprattutto per 'senso del dovere', dato che mi trovo in forte imbarazzo: non ho mai scritto una cosa del genere e non mi piace la retorica lacrimevole nella quale in questi casi, giocoforza e anche non volendo (insomma, inevitabilmente?), si rischia di scadere. Ho già scritto di mio padre: un piccolo profilo, che cercava di sintetizzarne la personalità, gli interessi molteplici, le tante e diverse attività che ha portato avanti negli anni (tutte però accomunate dal suo amore per Cefalù), soprattutto – ma non solo – come attore di cabaret con "I Cavernicoli" e come studioso di 'cose cefalutane' (l'articolo è stato pubblicato sul primo numero della rivista-libro "Corso Ruggero" dell'editore Marsala, uscita ad agosto). E già in quell'occasione mi sono trovato in difficoltà: ma semplicemente perché avevo paura di dimenticare qualcuna della tantissime cose che Nico ha fatto ed è stato. Adesso la questione è diversa, più delicata forse, perché non si tratta di rincorrere la completezza, ma di scrivere qualcosa – un ricordo, un pensiero, una riflessione – di personale, che dribbli però la retorica di cui dicevo sopra, senza entrare nell'intimità o anche solo nel privato. Spero di riuscirci. Spesso quando ci si ritrova catapultati in certe situazioni (quando le cose capitano 'a te', impreparato), si capisce davvero il senso profondo di verità che, per quanto semplici o persino banali, non perdono il proprio valore e la propria forza. Ho sempre pensato che quando qualcuno ci lascia, di lui restano poche e preziosissime cose, due cose sole anzi: il ricordo delle persone care e le opere compiute in seno alla comunità. Ecco, Nico ha lasciato tantissimo, in un senso e nell'altro, mettendo assieme, sovrapponendo le due cose, e questo l'ho capito davvero – banalmente – solo 'poi': conoscendo, ad esempio, persone che avevano letto e studiato i suoi scritti ma che magari lo avevano incontrato una sola volta, e pure ne parlavano con grande stima, grande affetto, o ricevendo lettere e telefonate di persone fisicamente anche molto lontane che avevano avuto a che fare con lui per i motivi più diversi, conservandone sempre e sinceramente un bel ricordo, un qualche aneddoto simpatico e curioso, una stima – inscindibilmente – ad un tempo umana e professionale. Nico ha lasciato tantissimo alla sua comunità e ha lasciato tantissimo ai suoi cari. Alla comunità ha lasciato il suo amore, l’amore per Cefalù, tradotto nelle sue ricerche e nelle sue pubblicazioni, ha lasciato i tanti eventi organizzati negli anni (mostre, spettacoli, conferenze), ha lasciato i pezzi di cabaret dei Cavernicoli. A me, oltre l’affetto, oltre la conoscenza di Cefalù (se sono ancora in grado, tra il serio e il faceto, e più sul faceto, di improvvisarmi guida per qualche amico 'di fuori', lo devo solo a quando ero bambino prima e ragazzino poi e lo seguivo nelle sue escursioni), oltre i libri, oltre le passioni comuni (su tutte, il cinema), oltre la curiosità verso ambiti anche molto diversi tra loro, a me devo dire che ha lasciato soprattutto – sembrerà strano, ma è così – l’educazione politica: nel senso che non mi ha mai indottrinato, non mi ha mai detto come pensarla, per chi votare, mi ha sempre detto di ragionare con la mia testa, di fare una scelta solo quando e se ero davvero convinto. Insomma, mi ha lasciato il senso di appartenenza a me stesso, non a questa o quella ideologia o peggio ancora partito. E questa, in mezzo a tanti e tali '-ismi' (pecoronismi, qualunquismi e opportunismi), è una cosa preziosa, per la quale lo ringrazierò sempre. Il patrimonio di cose belle lasciateci e lasciatemi da Nico è però umanamente poca cosa rispetto al rammarico per tutte quelle che non mi ha lasciato, che non mi ha mai detto – sulla sua vita, sulle sue conoscenze, sui suoi libri, sui suoi oggetti – e che quindi non saprò mai, poca cosa rispetto al rimpianto per tutte quelle che non è riuscito a fare, per tutte quelle che non siamo riusciti a fare assieme. E, soprattutto, per tutte quelle che non sono riuscito a fare io per lui. L'unico modo che ho allora per onorare la memoria di Nico è, nel mio piccolo, cercare di fare – con quello che mi ha e ci ha lasciato – quello che ha sempre cercato di fare lui: ricordare, conservare, tramandare. Ho realizzato un sito dedicato ai Cavernicoli, nell’ormai lontanissimo 2005, perché mi sembrava assurdo che uno dei più antichi gruppi di cabaret-folk siciliano non ne avesse uno (per quanto artigianale), e così pure da anni progettavo di realizzare quello dedicato al 'Nico studioso', con tutti i suoi scritti, editi e magari anche inediti, corretti e annotati come meritavano: non ci sono arrivato, perché di arrivare si arriva quasi sempre, ma quasi sempre in ritardo. Ora spero di poterlo realizzare al più presto, raccogliendo anche gli scritti del 'cenacolo' di storici locali di cui faceva parte e che adesso si riuniranno per una due giorni di studi in sua memoria (21 e 22 ottobre, presso la Fondazione Mandralisca). Ecco, tra le tante cose, mi chiedo sempre cosa penserebbe Nico di queste manifestazioni organizzate per lui, dedicate a lui: e fa proprio strano non vederlo lì, lui che era sempre 'infilato in tutte cose' (non ricordo chi mi ha fatto notare, tempo fa, una delle cose più banali e per questo taglienti, dolorose: 'Fa davvero impressione non incontrarlo più sul Corso'). Chissà poi cosa avrebbe detto della presentazione del mio 'simpatico libro' sulle recensioni di dischi immaginari: lui che quando vedeva, dieci anni fa e passa, che cominciavo a impelagarmi con la musica un po' storceva il naso, ma poi scoprivo che andava in giro a dire che ero chissà quale superespertone, addirittura al curatore delle musiche dei film di Bellocchio, Riccardo Giagni, e tanto da farmi finire stampato su "Famiglia Cristiana" nientemeno che come "ottimo batterista" (facendomi ancora oggi – e giustamente – canzonare dagli amici). Chissà. Ecco, questo lo dico senza tristezza, senza 'lacrima in pizzo', me lo chiedo sul serio, e quasi sorridendo(gli). Nico era un personaggio pubblico, con lui se n'è andato un pezzo di Cefalù, città che ha amato fino quasi alla monomania ('quasi' giusto perché di manie ne aveva tante) e alla quale ha dedicato tutte le sue forze e i suoi sforzi, tutte le sue risorse fisiche e intellettuali. Va bene. Ma era anche e soprattutto mio padre e ancora di più il marito di Antonella, e prima ancora che alla Città manca a noi, a lei. Restano gli oggetti e restano i ricordi, certo, belli e brutti, purtroppo e per fortuna, resta la consapevolezza di dover convivere (ovviamente, come milioni di altre persone nel mondo, ma certo non per questo meno atrocemente) con il dolore della mancanza, con l’assenza: perché anche quelli belli, di ricordi, quando la persona più cara ci lascia, c'è il rischio che cambino colore e tono, finendo col tingersi sempre e solo – se va bene – di malinconia. Ecco, io spero che con il tempo, per un po’ di tempo, non sia sempre e solo così, e spero di sentirlo vicino (senza alcun tipo di appello alla trascendenza, in maniera anzi tutta immanente, concreta, tattile) e sentirlo approvare in qualche modo quello che faccio, magari mentre sto facendo qualcosa che mi ha insegnato – anche indirettamente – proprio lui (tipo cucinare, fare 'impacchi'?), magari mentre sistemo i suoi archivi, mentre invece faccio 'le mie cose' o mentre scrivo qualcosa su di lui – non le solite cose, spero – come adesso. Nico voglio ricordarlo così, facendo il mio dovere di figlio e di 'figlio archivista' (ma forse sarebbe meglio dire speleologo), rendendogli – per quanto possibile, nel mio piccolo – giustizia, assecondando peraltro quel lato un po’ maniacale, da cercatore e raccoglitore ossessivo, che, pure declinato in maniera diversa, ci accomunava. Io voglio ricordarlo così. La Città, se vorrà, lo ricorderà come ritiene opportuno. PS. Devo aggiungere una cosa. Ringrazio Leo per esserci stato quel giorno (e non solo quel giorno).
18.10.2011
Gabriele Marino