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UN DOCUFILM DELLA RAI SUL RUOLO FEMMINILE

Le giurate del maxiprocesso, nella fiction lo sfondo di Cefalù

Tanto si è detto e tanto si è rappresentato sul maxiprocesso a Cosa nostra, che tra il 1986 e il 1987 ha giudicato i crimini e i misfatti di una mafia spietata e sanguinaria. Ma la narrazione ha sempre trascurato il ruolo delle donne che componevano la giuria popolare. La Rai ha colmato ora questo vuoto con una fiction, protagonista Donatella Finocchiaro, in onda il 3 dicembre in prima serata su Raiuno. Ed è una storia che passa anche da Cefalù. Da qui venivano due donne di quella giuria, Teresa Cerniglia e Francesca Agnello, e Mario Lombardo il giornalista che ha affidato a un libro la sua testimonianza civile su quella esperienza. Mario Lombardo è scomparso nel maggio di quest’anno. Quasi tre mesi prima aveva fatto in tempo a raccontarla alle telecamere del regista Francesco Micciché per il suo 'Io, una giudice popolare al Maxiprocesso'. La figura di Caterina, interpretata da Donatella Finocchiaro, sintetizza quelle di tre giudici popolari: Maddalena Cucchiara, Francesca Vitale, Teresa Cerniglia. Il presidente della corte, Alfonso Giordano, è interpretato da Nino Frassica. Immagini e racconti ripercorrono i pericoli e i segnali minacciosi con i quali si sono confrontate queste tre donne. C’è il caso della professoressa Vitale e della galleria d'arte del marito dove erano stati rubati 23 quadri e altri erano pronti per essere portati via. Francesca telefonò al giudice a latere Pietro Grasso per confidargli che il figlio “nemmeno mi parla". E il giudice replicò: "Ho gli stessi problemi con il mio. Io ero di turno quando ammazzarono Piersanti Mattarella. Penso a Ninni Cassarà. E so che non possiamo mollare. Un giorno i nostri figli capiranno e ci ringrazieranno". Era un atto di coraggio accettare in effetti la nomina a giudice popolare. C’erano stati tanti rifiuti (anche giudici togati si erano fatti da parte). Tanto che il presidente Giordano aveva dovuto chiedere a Mario Lombardo, come si legge nel suo libro: “Anche lei sta male?”. E Lombardo pronto: “Ringraziando Dio, sto bene”. L’accettazione dell’incarico era una risposta civile al clima di paura che attanagliava l’aula bunker in cui il processo si sarebbe celebrato. E i giudici popolari sapevano di essere esposti non solo ai pericoli ma anche ai disagi che la funzione avrebbe scaricato sulle loro vite e sulle loro famiglie. Il processo era stato istruito dal pool antimafia dell’ufficio istruzione, che emblematicamente viene rappresentato da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E si concluse nel dicembre 1987 con 19 ergastoli, 114 assoluzioni, 342 condanne, 2.655 anni di carcere. La sentenza venne emessa dopo 35 giorni di camera di consiglio. Il presidente impiegò più di un’ora solo per leggere il dispositivo. La fiction di Micciché racconta un drammatico dietro le quinte. Ed ecco i tormenti di Francesca Vitale, Teresa Cerniglia sposata con un docente e Maddalena Cucchiara, moglie di un medico. Tutte e tre ricordano tutto e raccontano con lucidità i momenti topici del processo e i cambiamenti radicali delle loro abitudini. Teresa Cerniglia si alzava prestissimo, preparava qualcosa da mangiare per il marito e per i figli (due ragazzi che andavano a scuola) e alle 7 era pronta per salire con gli altri giudici popolari sulle auto di scorta che correvano verso l’aula bunker. C’è anche la testimonianza di Alfonso Giordano, il presidente vero del maxiprocesso: "Fummo certamente aiutati dalla sorte perché tutti e sei i giudici popolari dimostrarono di essere onesti, corretti, veramente esemplari". Donatella Finocchiaro ne parla così: "Ricordare gli eroi, quelli che hanno fatto grande il nostro Paese, ma anche quelle donne che non si sono tirate indietro e hanno contribuito con il loro senso civico e la loro etica a dare un forte apporto a un momento storico". Di quella pattuglia di uomini e donne dalla schiena dritta ("eroi silenziosi" li chiama il regista) all’appello manca qualcuno: oltre a Mario Lombardo, è mancata qualche anno fa Francesca Agnello. Anche lei ogni mattina partiva da Cefalù per dare il suo contributo alla giustizia.
02.12.2020
Fausto Nicastro