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27.04.2015
Antonio Franco *
Antonio Franco *
Nell’esprimere la mia sincera gratitudine a tutti voi perché arricchite di nobili contenuti quest’aula consiliare organizzando, contribuendo o partecipando a questa manifestazione, a cui mi auguro che i rappresentanti dei cittadini di Cefalù guardino per ispirarsi e dibattere in libertà, lealtà, sensibilità e democrazia, vorrei anzitutto evidenziare che ogni 25 Aprile persino l’assenza di tanti al ricordo di quel che fu la Liberazione è un “effetto collaterale” di quel che è la Liberazione: mi auguro solo che nessuno dimentichi il perché oggi si può assaporare pure il diffuso clima di evasione.
L’auspicio è, infatti, che sia un valore condiviso da tutti gli Italiani la Libertà dall’oppressione, dalla violenza e dalla stupidità di ogni dittatura, come di quelle nazista e fascista. Con tutte le differenze che oggi, appunto per quel 25 Aprile 1945, possono esistere, non può essere in dubbio che valori e azioni della Resistenza e della Lotta Partigiana non solo sono alla base della costruzione di questa Nazione democratica, ma hanno anche innescato quel processo di sviluppo socioeconomico che ha condotto l’Italia fra le grandi nazioni dell’Occidente e fra gli stati promotori dell’integrazione continentale nell’Europa Unita.
Il 25 Aprile è per tutti noi, quindi, lo stimolo a non arrenderci mai davanti alle continue prove che le congiunture economiche e politiche impongono alla collettività e ai singoli: in quei giorni 70 anni fa, alla fine di una guerra devastante e senza pietà per tutte le realtà civili, vi fu un gran numero di partigiani che sacrificò la propria vita per difendere i centri produttivi principali del nostro Paese (fabbriche, porti, infrastrutture) dalla furia disperata e assassina dei nazifascisti ormai prossimi alla sconfitta; ma furono molti di più quanti, assieme a tanti altri non combattenti, cominciarono a ricostruire le città e i centri di produzione già subito dopo la fine dei combattimenti. Non a caso la difesa del valore del Lavoro è base condivisa della nostra Costituzione, da sentire – come giustamente ha sottolineato il Presidente della Repubblica, Mattarella – non come una reliquia ma come il cuore vivo di un’Italia con la schiena dritta, giusta, solidale e democratica: infatti, quegli esempi di difesa e immediata ricostruzione si posero a servizio di tutti, senza guardare a chi fosse stato da una parte o dall’altra.
Inutile tacere la sensazione di divisione o, quanto meno, di rimozione che si percepisce da una porzione purtroppo non ristretta della popolazione italiana; la Festa della Liberazione ricorda a tutti che quel 25 Aprile simboleggia la scelta della parte migliore del nostro Paese di combattere armi in pugno, di resistere in ogni forma o almeno di disobbedire in nome e per la conquista della Libertà democratica, contrapponendosi così ad un’altra parte di italiani che rimasero, invece, succubi della dittatura oppure addirittura combatterono contro la Libertà e, in favore del nazismo o del fascismo, divennero persino spie o carnefici per reprimere ogni anelito alla Democrazia.
Nel supremo rispetto per tutti i caduti e nell’umana comprensione per gli orrori che sono generati dalla guerra, in specie da una guerra fratricida, va però ribadito ancora una volta che NON PUO’ esservi assimilazione né riconoscimento né equiparazione di alcun genere fra quanti morirono o combatterono per un’Italia libera, democratica e coloro che, invece, morirono o combatterono – foss’anche per ingenua buona fede – per l’oppressione totalitaria e contro la Libertà democratica: nessuna integrazione del corpo civico di questo Paese potrà esservi, neppure fra 100 anni, finché esisterà chi neghi lo sterminio perpetrato dai nazifascisti ai danni degli Ebrei, di altre minoranze o dell’inerme popolazione civile, chi esprime favore o simpatia per le ideologie totalitarie nazista o fascista o anche solo per le loro stupide simbologie, chi tenta di svilire o sminuire la portata storica della grande lotta di popolo che consentì ai partigiani italiani di essere determinanti nella Liberazione del Paese, con il contributo, altrettanto fondamentale, di migliaia di combattenti Alleati, dagli USA alla Gran Bretagna ai paesi più remoti come Nepal, Honduras o Nuova Zelanda, accorsi e caduti in tanti per ridare la Libertà a noi Italiani. È auspicio da far nostro che mai prevalgano gli aspetti retorici o meramente celebrativi, talora ideologicamente orientati e, quindi, incapaci di far cogliere a tutta la comunità civile, senza distinzioni politiche o sociali, quanto comune, basilare, intimo per ogni cittadino italiano, giovane o adulto, uomo o donna, autoctono o immigrato, sia il valore del 25 Aprile.
Il compito di tutti noi è di spiegare ai più giovani come gli Italiani – con le parole di Calamandrei – siano, “morti e vivi con lo stesso impegno, popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre Resistenza”, di fare nostro lo sprone a costruire quell’Italia fondata su cultura, giustizia, lavoro e partecipazione democratica che trasuda dalle Lettere dei Condannati a morte della Resistenza, che ci hanno lasciato in eredità quanti hanno dato la loro vita come soldati a Cefalonia o come civili a Marzabotto, come gli insorti per le strade di Roma o di Milano, come i partigiani, donne e uomini, sulle Prealpi o sull’Appennino tosco-emiliano, come i bambini a Sant’Anna di Stazzema o come gli scugnizzi nella battaglia di Napoli, come ebrei, cristiani o testimoni di geova martirizzati dai nazifascisti in odio alla forza della loro Fede.
Il 25 Aprile, nel mio personale calendario, è il giorno speciale di memoria di mio nonno materno, umile soldato sopravvissuto al campo di lavoro di Mauthausen, di due prozii caduti nei tragici giorni del disastro in Russia e a Cefalonia, soprattutto di mio padre, sposatosi con la lettera di richiamo in tasca, avventurosamente tornato dopo l’8 Settembre nella sua S. Mauro e lì nominato presidente del CLN e poi commissario prefettizio, mettendo insieme tutte le forze democratiche per superare i residui del fascismo, contrastare l’influenza della mafia, assicurare il più libero e pacifico passaggio alla Repubblica e alle Istituzioni democratiche.
L’augurio mio, di chi ha respirato fin da bambino l’aria pura di questo giorno di Primavera di una nuova Italia, consiste nella speranza che tutti, anche solo per un istante, nell’intimo del cuore, possiamo ringraziare quanti ci permettono oggi queste ore di memoria e di arricchimento o quelle di vacanza e di evasione.
Il 25 Aprile sia ancora e sempre quindi Festa di Liberazione, di liberazione di tutti e di ognuno dall’oppressione, sempre incombente, della mediocrità, della stupidità, dell’ignoranza, della passività, in specie dell’egoismo e del consumismo, che sono il nazifascismo del XXI sec.: sia il giorno dell’impegno di tutti per la difesa imprescindibile delle roccaforti di Democrazia che sono le nostre Scuole, gli Ospedali, le Aule di Giustizia e i presidi delle Forze dell’Ordine, le Istituzioni comunali da quelle politiche meschine che riducono risorse, accorpano, tagliano, ottusamente aggrappate a freddi numeri, cieche, incuranti della Storia e delle ragioni dei cittadini; sia il giorno in cui tutti ci inchiniamo davanti al sacrificio dei partigiani di oggi, come Giovanni Lo Porto, inerme combattente per la solidarietà con i deboli dimenticati del mondo e per la liberazione dal terrore della violenza globale.
L’esempio e l’impegno di quanti ci precedono nello spirito e nel senso del 25 Aprile, di allora e di oggi, costruisca la nostra speranza per il Futuro dei nostri figli. Allora, tutti al lavoro per dare senso e costrutto ai prossimi 70 anni di Libertà: W il 25 Aprile, W la Costituzione, W l’Italia!
* Presidente del consiglio comunale di Cefalù
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