Nella controversia legata alla costruzione di un nuovo albergo sul lungomare il Comune di Cefalù ha tenuto una linea sostanzialmente corretta. Lo hanno stabilito i giudici del Cga, che in Sicilia è organo di appello del Tar, i quali hanno respinto una richiesta da parte della società Cfc di risarcimento danni di cinque milioni di euro. La sentenza chiude una lunga controversia sulla regolarità delle opere e sulle prescrizioni edilizie.
A provocare il braccio di ferro è stata la richiesta dell'ufficio tecnico comunale, formulata dopo dopo un sopralluogo, di destinare a uso pubblico aree equivalenti a quelle legittimamente occupate e di demolire alcune opere abusive. La richiesta era stata alla fine accolta dalla stessa società che però lamentava di avere dovuto seguire una complicata procedura nella quale alcuni passaggi burocratici non erano stati tempestivamente definiti. Da qui un presunto danno contestato al Comune.
Il Tar prima e il Cga ora hanno però respinto il ricorso giudicandolo infondato nelle parti principali. Il Tar aveva accolto solo uno dei motivi di doglianza in quanto la zona risultava perimetrata come centro abitato già da una data anteriore all’entrata in vigore della legge regionale del 1976 che ha introdotto il vincolo assoluto di inedificabilità.
La giustizia amministrativa ha osservato che alcune richieste aggiuntive sono state presentate tardivamente. Nel merito ha riconosciuto che comunque è stata consentita l'ultimazione dell'opera ed è stata data la possibilità di sanare le parti irregolari.
Il comportamento della società in alcuni passaggi sarebbe stato invece "ambiguo". Così scrivono i giudici del Cga per i quali la linea del Comune non avrebbe quindi prodotto i danni lamentati.