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SI PRESENTA UN LIBRO DI TERESA TRISCARI

Storie che sembrano favole
agli “incontri” di Cefalù

Trattandosi di un libro di storie che sembrano favole, il titolo non poteva che essere “C’era una volta… e c’è ancora”. Le storie narrate da Teresa Triscari saranno presentate il 10 luglio alle 18:30 al cinema Di Francesca di Cefalù, nell’ambito degli “Incontri d’estate”. Il libro, edizioni Tracce, ha l’egida di Palermo capitale italiana della cultura 2018 che l’ha inserito anche nella sua programmazione con il fregio “Nel segno delle culture”.
Teresa Triscari racconta dieci storie che nascono dall´esigenza di dar voce a un patrimonio di vita acquisito durante una professione svolta principalmente all´estero. Ma nascono anche dal convincimento che la Storia va raccontata in modo semplice, discorsivo. Gli esempi non mancano: Benigni, ne “La vita è bella”, narra la storia della deportazione di un bambino ad Auschwitz; Charlie Chaplin, ne “Il Monello”, riporta la sua stessa storia di orfano “lasciato” per due anni in un orfanotrofio; Elsa Morante ne “La Storia” descrive fatti di persecuzione, privazione e violenza che lei stessa aveva vissuto, ma sempre con la leggerezza della poesia. Useppe sembrerebbe un´invenzione e invece è un bambino della Storia, come Elsa che portava il nome di un padre che non era il suo e che, nella realtà, era un diverso; e via discorrendo.
Nel prologo l´autrice ricorda Calvino, Sepulveda, Rodari e la stessa Morante, scrittori che hanno sempre posto l´accento sulle problematiche sociali, civili, politiche pur raccontando storie allettanti, a volte persino divertenti; pur trattando temi difficili come quello del diverso che in Sepulveda prende i panni di un gatto che cova l´uovo di una gabbianella facendo, di fatto, la parte di un uccello e, per giunta, della femmina; lui, gattone bellimbusto.
E, in queste storie, i diversi sono un po´ tutti: dall´ “Albero delle due P”, che apre il libro e che è un essere antropomorfo, alla Sirenetta; ai vari ermafroditi e gay che si celano sotto le sembianze di ninfe; ai bambini abbandonati, anche loro diversi, che ci raccontano il loro bisogno di esistere, di raccontare e raccontarsi.
Di fatto il materiale umano è tutto qua, tra di noi, tra i nostri anziani, spesso emarginati, dimenticati, oggetto di vergogna; tra i nostri bambini, non di rado trascurati, mal sopportati, se non abbandonati e persino sfruttati, mezzo di commercio, cavie per esperimenti, come succedeva nella Romania di Ceausescu o ad Auschwitz nel periodo nazista, per non citare i tanti Paesi, anche europei, di oggi.
La triste mappatura dei drammi umani e sociali. Bambini che vivono e convivono con realtà fatte di continue frustrazioni; creature sempre in cerca della loro mamma; innocenti che devono tollerare espressioni come “utero in affitto” e “madre surrogata”; piccoli che cercano sempre gli arcobaleni come diceva Charlie Chaplin.
L´autrice, quella citazione di Chaplin sugli arcobaleni, l´ ha messa a epigrafe del racconto “La bambina dei palloncini” dove c´è sì fantasia ma c´è tanto stimolo a crescere, ad andare in su, sempre più in su, come i palloncini.
Ma, soprattutto, l´arcobaleno l´ha posto sulla copertina del libro che, di fatto, si presenta con un falso indizio dando l´impressione che si tratti di fiabe e invece racconta storie, dove dramma e felicità spesso si fondono e si confondono. Come sempre nella vita.
Le dieci storie si snodano essenzialmente su tre filoni: la problematica politico-sociale (lotte agrarie nella Sicilia degli anni ´50); problematica sociale del diverso; problematica ambientale.
Non a caso Il libro si apre con una storia di un albero antropomorfo (“L’albero delle due P) e si conclude con “I leagan”, storia dell’abbandono nella Romania di Ceausescu.
Molti di quei bambini, adottati poi, hanno cercato l´autrice credendo addirittura che lei potesse essere la loro mamma naturale. Dunque, quei piccoli non associavano un aspetto laido, perverso o deviato e deviante a chi li aveva abbandonati. E questo ha certamente un significato. La mamma, un mito.
05.07.2018

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