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SCONTRO TRA LAPUNZINA E ORLANDO

L’acqua di Cefalù infiamma
l’estate e accende polemiche

L’acqua resta il problema dei problemi di Cefalù. Ogni tanto il caso riesplode e minaccia di ridurre a secco il secondo polo turistico della Sicilia nel pieno della stagione estiva. L’ultimo capitolo di un romanzo mai concluso è un nuovo braccio di ferro tra il sindaco Rosario Lapunzina e Leoluca Orlando nella qualità di presidente dell’Assemblea territoriale idrica della provincia di Palermo.
Piccolo riassunto delle puntate precedenti. La bolletta del servizio di potabilizzazione ha raggiunto cifre stratosferiche tanto che l’acqua di Cefalù è ormai la più cara d’Italia. La società Sorgenti di Presidiana, che ha in affidamento la potabilizzazione, bussa alle casse del Comune il quale sostiene che, in virtù di una legge regionale, il gestore unico del servizio idirico integrato in ambito provinciale è l’Amap. Ma l’Amap dice di no. Spiega che gli oneri del servizio idrico integrato sono insostenibili e rimanda la palla al Comune che, con i chiari di luna del bilancio dissestato, non sa dove trovare le risorse. Il sindaco rilancia e con due ordinanze impone all’Amap di non lasciare il servizio. Il Tar annulla però i due provvedimenti e riapre il caso. Una tregua sembra venire da una riunione mediata dall’assessorato regionale all’Energia. In attesa di individuare il “soggetto unico” sul quale scaricare il peso di un affare scottante si decide una soluzione temporanea: Sorgenti di Presidiana, che minacciava di chiudere gli impianti, li tiene aperti fino al 31 luglio ma intanto il Comune deve scucire mezzo milione pronto cassa. Se sia dovuto poi si vedrà. Ma, come si sa, nulla in Italia è più definitivo del provvisorio.
Si capisce che qualcosa accadrà. E infatti il 13 luglio, mentre Palermo si prepara per radunarsi attorno alla Santuzza per il festino, il sindaco Leoluca Orlando scrive a Lapunzina per dirgli in sostanza che lui se ne lava le mani. E scrive infatti che “il principio dell’unicità della gestione dell’ambito territoriale ottimale è la ‘meta finale’ e rappresenta la ‘conclusione’ di un complesso ed articolato percorso”.
Orlando aggiunge poi un passaggio sulle condizioni contrattuali “antieconomiche” che le giunte precedenti concessero a Sorgenti di Presidiana. I costi del servizio lo rendono ora un affare “fuori mercato” e per questo sarà un problema trovare qualcuno disposto a rilevarlo. Dunque, il Comune si tenga i guai che le giunte precedenti hanno creato.
E, anzi, stia attento proprio il Comune a “evitare pericolose interruzioni” dell’erogazione dell’acqua in grado di provocare “gravi e ingiustificati disagi alla collettività”.
Dunque, qualcuno nel passato a sottoscritto condizioni contrattuali “antieconomiche” ma è ora l’amministrazione in carica o meglio i cittadini a pagarne le spese. Sono i paradossi della politica.
E che fa Lapunzina? Risponde a stretto giro di posta a Orlando. Prima di tutto per ricordargli che “il governo degli organi sovra comunali richiede grande responsabilità e particolare senso dell’equilibrio e della misura”. E questa è solo la premessa.
“Ho sempre avuto stima del sindaco Orlando – scrive Lapunzina – ma rimango assai perplesso, nonché personalmente dispiaciuto, per l’uso improprio che ha fatto del ruolo di presidente dell’Assemblea territoriale idrica, rivestito dall’aprile del 2016. Dopo aver omesso, per oltre un anno, di convocare l’organismo per gli adempimenti di legge, tra cui la redazione del piano d’ambito e l’affidamento del servizio, derivandone, nel maggio scorso, una diffida con minaccia di commissariamento da parte del Dipartimento regionale Energia, il sindaco Orlando ha giorni fa inoltrato al Comune di Cefalù una lettera su carta intestata e con il protocollo dell’Ati, in cui, da una parte afferma di essere impossibilitato a qualsiasi adempimento, perché “cessato dalla carica a scadenza del mandato di sindaco”, e dall’altra indebitamente utilizza la struttura Ati per esprimere una serie di valutazioni personali, che, non a caso, ricalcano la posizione di Amap, di cui è detentore del pacchetto azionario”. C’è l’ombra di un conflitto di interessi.
E ancora: “Già in passato, il professore Orlando, senza che né l’assemblea né il consiglio direttivo avessero deliberato in tal senso, aveva chiesto a nome dell’Ati deroghe all’applicazione, in favore di Amap, di disposizioni emanate dall’Autorità per l’Energia elettrica e il gas. L’uso della carta intestata da parte di un soggetto cessato dalla carica è una aberrazione, qualcosa che si pone oltre i limiti del sostenibile, anche per le affermazioni, errate e di parte, che nella nota datata 13 giugno sono riportate”.
A Orlando il collega Lapunzina ricorda che la gestione unica di ambito “non è, come sostiene, un ‘lontano traguardo’, ma un inderogabile principio di legge, di recente ribadito dalla Corte costituzionale”.
E la gestione di Amap in soli 33 degli 82 comuni dell’ambito “non è legittima, perché viola tale previsione di legge e perché mai è stata autorizzata dall’unico organismo cui l’ordinamento affida detto compito, ossia l’assemblea dei sindaci dell’ambito”.
Lapunzina ricorda anche che la concessione Sorgenti Presidiana “è stata riconosciuta, con deliberazione adottata dall’Assemblea dei sindaci dell’Ato 1, in data 13 marzo 2003, ‘gestione salvaguardata’, ex art 11 della legge 36/1994, con ogni onere derivante dal contratto in essere fra l’amministrazione e il concessionario a carico del gestore d’ambito”.
E poi altra staffilata polemica: “Gli ricordo, infine, che la tariffa del servizio idrico, approvata dalla medesima assemblea dei sindaci dell’Ato 1, in data 5 novembre 2008, ricomprende l’onere per la potabilizzazione dell’acqua nel Comune di Cefalù, per effetto della gestione salvaguardata, affidata a Sorgenti Presidiana, e che la odierna riscossione di detta tariffa a fronte della gestione del servizio in una parte dei comuni, in cui lo stesso è asseritamente meno oneroso, rappresenta l’incasso di proventi indebiti, nonché un ingente danno per la comunità di Cefalù, per il risarcimento del quale non si mancherà di proporre le dovute azioni, nei confronti di chi, pur gravato delle incombenze previste dalla legge, ancora oggi dà riprova di un atteggiamento elusivo e dilatorio”.
Il fuoco dunque divampa e non basta gettare qualche schizzo d’acqua, che costa tantissimo, per raffreddare lo scontro. Ai costi attuali (oltre centomila euro al mese solo per la potabilizzazione) il servizio è ingestibile. Il Comune ha le casse svuotate dai debiti del passato. I grandi utenti sono cattivi pagatori. E la città attende con il fiato sospeso che da un giorno all’altro si possano chiudere i rubinetti. Parafrasando Montanelli, l’affare è grave ma non è serio. Non è lo è perché nessuna controparte del Comune dimostra di avere, in questa brutta storia, un senso di responsabilità. E la politica ancora di meno.
19.07.2017

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