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Teatro Grifeo 1933

Grifeo, un antico testimone
dell’epopea culturale di Petralia

Riproponiamo un testo del febbraio 2009 scritto da Maurilio Fina per l'edizione a stampa della Voce. È la storia del teatro Grifeo, dalla nascita alla sua affermazione come centro e punto di riferimento per la rinascita culturale di Petralia Sottana e del territorio madonita. È un viaggio informato e puntuale nella vita del cine-teatro, dagli anni dell'Unità ai nostri giorni.

di MAURILIO FINA

È appartenuto alla Petra d’un tempo, che Giuseppe Antonio Borgese ricorda come la “piccola Parigi delle Madonie”, l’antico teatro Grifeo di Petralia Sottana. Testimonianza di lustro e emancipazione anche questo punto “fermo” della tradizione locale, ha scritto una pagina importante nel processo di affermazione culturale di Petralia Sottana rispetto ad altri borghi rurali delle Madonie. La presenza di un teatro già agli albori del Novecento non poteva che elevare l’intera civitas a centro di fermento e vivacità culturale.
Sul piano storico l’edificazione del teatro Grifeo ha un valore ancor più interessante se si riconduce ai Grifeo, nobili che si ritrovano in buona parte delle campagne di sviluppo culturale e sociale sin dall’epoca della grande rinascita. È tracciata all’ombra di questa lunga presenza la storia del piccolo teatro di Petralia Sottana. Il progresso culturale imposto all’alba del Novecento lo ha eretto e il “progresso-trasformistico” degli anni Sessanta lo ha distrutto e cancellato. Probabilmente è anche per questa scelta che l’antico teatro di Petralia Sottana conserva un posto marginale tra le opere volute dai Grifeo. Il teatro nei primi anni Cinquanta è stato di fatto smantellato per lasciare spazio alla struttura moderna dell’attuale cine-teatro Grifeo. Apostrofata dagli storici come “una pesante privazione culturale” per la comunità, quell’idea di teatro ha dato un colpo di spugna alla mirabile presenza del patrimonio riferibile ai “Grifeo” nelle Madonie. Tracce culturali inesorabilmente oscurate dal tempo e dalle scelte politiche successive, come quella toccata al palazzo palermitano di Piazza Marina, o alle residenze Grifeo cadute sotto i bombardamenti americani.
In verità il filo che lega Petralia Sottana alla famiglia aristocratica non si è interrotto, come avvenuto per altre opere, per ragioni involontarie. Quella “finestra” culturale si sgretolò per colpa della dissennatezza architettonica che accompagnò gli anni Cinquanta e Sessanta, quelli del cemento e dell’abbrutimento di interi paesi e città dell’isola. Un colpo di spugna capace di svendere un secolo di “memorie” e aprire una ferita incolmabile in una parentesi non secondaria della cultura siciliana.
Il Grifeo, che fu “Teatro della Rabba”, è tramontato in questo particolare contesto revisionista che per certi versi affievolisce un interesse per il teatro, presente a Petralia già subito dopo l’unità d’Italia. Nacque nel 1859 ed era alloggiato negli scantinati dell’antico castello medioevale. Il primo esordio del teatro a Petralia avvenne proprio nello spazio adattato all’interno della cinta muraria della fortezza, in un ambiente ancora illuminato a olio che si apriva dall’ingresso principale della struttura merlata. Già di questo primo alloggiamento Giuseppe Collisani parla come di un “vero tempio dell’arte, in cui lo spirito trovava il miglior godimento fisico”. Merito di Giuseppe Collisani, attore e scenografo delle rappresentazioni organizzate dalla compagnia filodrammatica del Dopolavoro fondata e diretta dal padre, nonché grande conoscitore e fautore della cultura locale, è la produzione di svariate pagine di storia che narrano di quegli anni.
Il collegamento con quel periodo è citato nel volume “Petralia d’altri tempi” di Giuseppe Collisani (edizioni Giglio di Roccia, anno 1964), che ebbe il merito di raccontare “cose nostre, tutte vere”, come lui stesso le apostrofa, partendo da semplici vicende locali. La sua pare essere una premonizione alla necessità di non cancellare quella tradizione: le narrazioni di Collisani diventano inconsapevolmente un aiuto incondizionato alla storia che la miseria politica ha in un secondo momento depredato.
Il palcoscenico di Petralia che diede voce a grandi attori è legato ai Grifeo per la volontà e la determinazione di uno dei suoi discendenti giunto a Petralia Sottana pochi anni prima della conquista garibaldina come commissario straordinario del Comune, il conte don Luigi Grifeo. Fu proprio quest’ultimo a spostare, inizialmente solo in via temporanea, il teatro in Corso Paolo Agliata dove è tuttora, nell’antico granaio della Rabba che gli diede il nome, prima di diventare il Grifeo di Petralia. Filodrammatiche importanti e progetti di spessore sono passati da quel “granaio” di cultura. Passaggi rimasti celebri, alternati a tratti popolari radicati e non meno degni di attenzione: memorabile il racconto delle parole proferite da un comico napoletano che Collisani trascrive nel suo “Petralia d’altri tempi”. “Si lascia il teatro per andare ai pupi”, disse l’attore allorquando l’antico teatro comunale rimase vuoto per la concomitanza nella programmazione locale dell’opera dei pupi. Pareva quasi un miraggio quello della cultura e del teatro nella Petralia del tempo, e questo rende quelle ricostruzioni ancora più interessanti. Il piccolo comune di Petralia Sottana seppe andare controcorrente: all’epoca del riscatto delle città, nelle campagne affossate dalla miseria e dal degrado, pochi centri rurali potevano presagire un risorgimento anche dell’arte e della musica. Il teatro in questa azione di riscoperta a Petralia Sottana fece la sua parte. Passerella della compagnia Malvica, fucina di grandi opere come “Piccolo Stampatore”, “Luigi Rolla”, “Mia moglie è pazza”, “Bianca e Fernando”, il Grifeo seppe impersonare questo orgoglio e sono queste solamente alcune opere ricordate da Collisani, presagio di una eccentricità culturale che presenta più di un tratto di originalità per quei tempi.
Schiere di nobili petraliesi seguirono con passione e trasporto le vicende narrate nelle opere che passavano dal piccolo teatro del castello, così da trasformare la recitazione in un elemento immancabile negli spazi culturali della cittadina. Presto, però, la nobiltà sostenne la necessità di ridare nuovi spazi e nuova veste all’antico teatro del castello. Nacque in quest’epoca – anno 1858 – l’“incidente” storico della Rabba: il commissario Grifeo avviò in questo frangente il miglioramento della sala del castello e nelle more adibì temporaneamente a teatro l’antico granaio-magazzino comunale della Rabba. Modesto negli spazi, ma centrale, da subito il granaio comunale si rivelò più congeniale per l’utilizzazione come sede teatrale.
Conosciuta la realtà della Rabba, il nobile Grifeo non ebbe dubbi nel sostenere che occorreva puntare sull’antico granaio-magazzino con un serio progetto di recupero e di riadattamento. Le provvidenze per la realizzazione dell’opera arrivarono da una seria politica di rigore finanziario nelle casse comunali che consegnò al nuovo sindaco buona parte dei fondi da utilizzare per l’allestimento dell’antico teatro della Rabba. Molti notabili sostennero finanziariamente il progetto acquistando il diritto alla conservazione per sé e per i familiari dei posti in platea e nel loggione. Quello del Grifeo di oggi, allora teatro della Rabba, fu un risultato che si materializzò soltanto ad unità d’Italia raggiunta. Giuseppe Collisani nel suo libro sancisce ufficialmente la data d’apertura nel giorno di “Maria SS. Bambina” del 1862. Tramontò a questo punto per il popolo l’attesa del progetto di recupero del “teatro della Rabba” e avanzò deciso il grande e imponente nuovo “Teatro Grifeo di Petralia Sottana”. L’ostinazione del nobile passato dai monti delle Madonie fu premiata con l’intitolazione al suo casato del nuovo impianto.
La Rabba che diventa teatro Grifeo per i petraliesi è quello che il cinema fu prima dell’avvento della televisione: ambasciatore della storia, strumento di espressione sociale, macchina di immaginazione e filtro di una società dove le relazioni non correvano ancora su un filo di telefono, men che meno nell’interfaccia di un computer di ultima generazione, capace di supportare lo scambio di milioni di dati in pochi secondi. “La sala – narra Collisani nel suo “Petralia d’altri tempi” – offriva uno spettacolo sontuoso e veramente nuovo per Petralia: il sipario, su cui era dipinta una bella figura di donna con in mano una corona d’alloro, rappresentante l’Italia, costituì la prima ammirazione del pubblico; non invano il pittore palermitano aveva preso a modello la radiosa bellezza di Donna Teresa Calascibetta Pucci”. E poi così prosegue l’autore: “Sotto la ribalta scintillavano i lucidissimi strumenti della banda musicale in uniforme (riorganizzata dal conte Grifeo), diretta dal valente maestro Leto. Dai palchi si affacciavano le dame in dècolleté, illuminate non più dalle fumose lucerne ma dai lumi di petrolio sospesi alle colonne dei palchi stessi. In platea moltissima gente, che non aveva mai visto un vero teatro, rimaneva estatica come davanti a un caleidoscopio. E che gioia dopo avere ammirato il sipario, volgersi intorno e contemplare, nei palchi, tutto quel variopinto scintillio di sete cangianti, quello splendore di acconciature bionde e inanellate, o nere come l’ebano, a buccoli, a chignons, a frangette; quegli uomini in abito lungo e impomatati!...”.
Rimane, però, ancora lontana la presenza del popolo nelle scelte culturali della cittadina, a maggior ragione nell’interessamento diretto per il teatro. Il Novecento teatrale fu inaugurato da Francesco Amato che, ritornato dall’America, diede vita a una brillante compagnia che riscosse parecchio successo. Teatranti e comparse presenti negli atti brillanti delle opere con la regia di Amato decretarono l’inizio di un secolo molto impegnato, rappresentazioni che lasciavano l’amaro del periodo bellico e coinvolgevano in ambientazioni cariche di un sarcasmo crudo e a tratti tragico.
Il sacrificio italiano delle milizie nazionali, malinconico e truce, accompagna anche l’avvento del cinema: una rivoluzione, un nuovo spazio di espressione che affianca il teatro e inizia ad attrarre masse crescenti. Pellicole mute almeno in un primo periodo trasformarono l’antico teatro in uno dei primi cinematografi delle alte Madonie inaugurando la stagione del nuovo cine-teatro Grifeo. L’ingresso del primo proiettore nell’antica sala non offuscherà ancora per molti anni il crescente attivismo del teatro anche se si inizia in quest’epoca a comprendere come il rapido succedersi delle innovazioni avrebbe alla lunga contribuito a ridurne la centralità. Dal grande schermo passa una vera rivoluzione di costume. Il cinema era comunque ancora alle sue prime battute e il teatro rimaneva l’arte nobile. Il transito alle forme di comunicazione sempre più alla portata di tutti non compromette l’elitaria immagine del teatro Grifeo, frequentato da illustri notabili come avvocati, baroni e notai dell’epoca, nella maggior parte dei casi direttamente o indirettamente coinvolti nelle vicende politiche locali.
Prerogativa della massa popolare, oltre al cinema, era spesso la partecipazione a qualche evento politico-culturale organizzato dal comune o, ancor più spesso, qualche spettacolo della banda musicale, anche questo finanziato dall’amministrazione del municipio. Il cine-teatro Grifeo registrava in queste sporadiche occasioni il tutto esaurito e anche la gente comune poteva assaporare il gusto di applaudire dalla platea, senza dovere passare dalla biglietteria all’ingresso e dal rigoroso controllo esercitato alla prima sala.
Ricostruire la storia di quel grande contenitore di cultura significa oggi passare da quelle ambientazioni, dalle filodrammatiche che lo resero vivo, e come non citare la “Dopolavoro” diretta dallo stesso Giuseppe Collisani. Attori e sceneggiatori di un tempo contribuirono all’affermarsi di quella piccola macchina di trasmissione culturale che seppe essere il Grifeo. Un luogo che ha arricchito la storia dell’intera comunità prima che si consumasse una fine, che per la sua tradizione non avrebbe meritato.
08.09.2022
Maurilio Fina

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