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I sindaci danno via libera,
il Giglio nella rete antivirus

Lapunzina non firma il documento
Tre giorni fa hanno espresso “preoccupazione e perplessità” sulla creazione di un’area anti Covid all’interno dell’ospedale Giglio. Ora i sindaci del distretto 33 hanno cambiato tono e registro. È un documento che segna un cambio di rotta quello che hanno firmato e diffuso (senza la firma di Rosario Lapunzina) dopo il giro di incontri promossi dal presidente della Fondazione Giglio, Giovanni Albano: tre in rapida successione. Nel primo sono intervenuti l’assessore Ruggero Razza e il vice presidente della Regione, Toto Cordaro, che è tornato l’altro ieri a Cefalù. Il terzo confronto si è svolto con i sindaci del distretto.
Da cosa sono stati mossi incontri e confronti? Dall’esigenza di assicurare, da parte della Regione e della Fondazione, che l’area Covid sarà isolata con un percorso dedicato e separato dagli altri reparti. Poi è stato spiegato che il piano regionale sulla rete antivirale prevede l’utilizzo del Giglio solo nel terzo step quando, eventualmente, lo richiederà la fase più acuta della pandemia. Ipotesi, dunque. Lapunzina ha mantenuto la sua posizione critica sia sulla promiscuità dei reparti sia sulle modalità con cui il Giglio ha predisposto il piano di sicurezza. Dopo gli incontri in ospedale, gli altri sindaci hanno ora rivisto le loro posizioni inizialmente concordi. Il primo è stato Giovanni Battista Meli, sindaco di Collesano, che ha pubblicato un post sul suo profilo Facebook. Ora tutti, ad eccezione di Lapunzina, hanno rimodulato la loro posizione in un documento inviato al presidente al presidente della Regione, all’assessore Razza, al presidente della Fondazione Giglio, al capo della Protezione civile nazionale e, per conoscenza, al ministro della salute. Le firme sono quelle di Giovanni Battista Meli, Mario Cicero (Castelbuono), Giuseppe Abbate (Lascari), Marcello Catanzaro (Isnello), Giuseppe Minutella (San Mauro Castelverde), Michela Taravella (Campofelice di Roccella), Magda Culotta (Pollina) e Giuseppe Muffoletto (Gratteri).
L’attacco è una conferma delle “preoccupazioni e delle perplessità” espresse nel documento comune del 31 marzo. Poi c’è una presa d’atto delle “rassicurazioni venute nell’incontro di ieri 2 aprile 2020 dal presidente della Fondazione Giglio, anche a mezzo della documentazione dallo stesso prodotta, circa l’avvenuta adozione delle misure di massima sicurezza adottate dalla Fondazione medesima per scongiurare pericolo di contagi”. Nel documento si lascia che la Fondazione si assuma la responsabilità di quello che dice. Ma il passo più significativo è quello che viene argomentato sotto il punto “pretendono”. Dall’assessorato regionale alla salute i firmatari “pretendono che sia scrupolosamente osservato” il piano sull’emergenza Covid, e cioè che il Giglio sarà destinato a ricevere, e riceverà, pazienti Covid “solo nella dannata ipotesi” in cui “la diffusione del contagio in Sicilia raggiungesse livelli catastrofici non arginabili con altre strutture già attivate a tale scopo”. Chiedono quindi che, in linea con le direttive del governo, i “percorsi clinico-assistenziali devono comunque essere nettamente separati” e ciò “al fine di evitare pericolose infezioni nosocomiali” per il personale e i pazienti non Covid”.
Gli otto sindaci “pretendono” infine che “per il prosieguo, e non solo nei momenti di emergenza come quello attuale, sia attivato da parte dell’assessorato un tavolo permanente dei sindaci del distretto 33 per la doverosa collaborazione degli stessi anche con riguardo alla problematica della medicina territoriale”.
Il documento cerca, in sostanza, di definire lo stretto percorso che arriverà all’eventuale utilizzo del Giglio e di fatto dà via libera al piano concordato tra la Regione e i vertici dell’ospedale. Il fatto più curioso è che a decidere su una scelta a cui è interessata Cefalù siano stati alla fine i sindaci di altri paesi. Paradossi politici.
03.04.2020
Fausto Nicastro

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